Polignano a Mare, il blu che incanta il mondo
Un giorno tra vicoli bianchi, grotte marine e panorami mozzafiato nella città più accogliente del mondo, patria di Domenico Modugno.
Nel salotto della strada, tra vicoli assolati e profumi di grano, nasce la puccia salentina — un pane speciale, quasi uno scrigno. Non è solo cibo: è memoria che si consuma, passione che si colora con ogni farcitura.
Questo pane “smollicato”, croccante all’esterno e leggero all’interno, racconta la Puglia che sa trasformare l’essenziale in meraviglia. (La ricetta originale è basata su farina, semola, acqua, olio e lievito di birra)
La ricetta della puccia inizia con la mescolanza di farine: farina di grano tenero e semola rimacinata di grano duro, in un equilibrio che doni leggerezza e struttura. Poi l’acqua tiepida inizia a dare vita al miracolo, insieme al lievito e un filo d’olio extravergine, che entra quasi alla fine, per non ostacolare la lievitazione. (Nella versione tradizionale: 300 g di farina “00”, 200 g di semola, 350 ml d’acqua, 8 g di lievito, 1 cucchiaino di malto, 9 g sale)
La caratteristica distintiva? La quasi assenza di mollica densa: l’interno resta vuoto, arioso. Questo lo rende perfetto per essere farcito, lasciando spazio alla creatività del gusto.
Una volta cotta, la puccia si apre come un libro e ospita farciture che parlano di territorio:
Ed esiste anche la versione “puccia alla spasa”, ossia focaccia stesa singola, farcita e cotta come uno strato solo, che nasce dall’idea di cucina popolare più semplice ma gustosa.
La puccia non è solo panino: è ponte tra la piana e la costa. Nei mercati del Salento, nei chioschi sul mare, in itinerari urbani: ogni boccone è racconto.
Comparsa ormai anche nella scena gourmet, conserva la sua anima di street food autentico, quella stessa anima che ha portato questa ricetta dai forni di paese alle mani dei turisti curiosi.
Non tutte le puccie sono uguali: nella zona di Taranto, per esempio, la puccia tarantina varia leggermente negli ingredienti (400 g di farina tipo 0, 100 g di semola, 350 g d’acqua, sale e lievito) per adattarsi al gusto locale.
E in alcune tradizioni, si afferma che la puccia sia un’erede del pane schiacciato, in grado di sopravvivere ai viaggi e ai laboriosi spostamenti del passato.
La puccia salentina è una finestra sul concetto di turismo enogastronomico in Puglia. Chi la assaggia, chi la sceglie per pranzo o spuntino, entra in contatto con una cultura fatta di calma, stagioni, metri quadrati di ulivi e mani che impastano.
Come avrebbe raccontato Piero Angela, non basta gustare: bisogna capire l’origine della farina, il suono che fa quando la tagli, l’ombra che si forma sulla crosta. Perché la puccia è pane di senso.
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