Polignano a Mare, il blu che incanta il mondo
Un giorno tra vicoli bianchi, grotte marine e panorami mozzafiato nella città più accogliente del mondo, patria di Domenico Modugno.
Ci sono piatti che non nascono per stupire, ma per restare.
Fave e cicorie, in Puglia, è più di una ricetta: è un gesto antico, un rito che unisce la memoria contadina alla saggezza del territorio.
Nata in un’epoca in cui la cucina era fatta di essenzialità e ingegno, questa pietanza continua oggi a raccontare la Puglia rurale, quella che viveva di campi, stagioni e mani callose, ma anche di equilibrio e bellezza.
Come avrebbe detto Piero Angela, non è solo cibo: è un sistema culturale che racchiude economia, clima, biodiversità e storia umana.
Le fave secche — povere di lusso ma ricche di proteine — erano la base alimentare di molti contadini pugliesi, in particolare tra la Murgia e il Salento.
Cotte lentamente fino a diventare una crema vellutata, venivano accompagnate dalle cicorie selvatiche, dal gusto amarognolo, raccolte nei campi dopo le prime piogge autunnali.
Due ingredienti opposti, che si attraggono come poli: la dolcezza terrosa delle fave e la ruvida freschezza delle cicorie creano un’armonia perfetta, come due voci diverse che trovano la stessa melodia.
Un filo d’olio crudo, intenso e fruttato, completa la magia.
Il piatto “fave e cicorie” è un manifesto del turismo gastronomico in Puglia: semplice, sostenibile, autentico.
Non è raro che nelle masserie didattiche si proponga ai visitatori di raccogliere le cicorie nei campi e cucinarle insieme ai contadini, per capire come la cultura del cibo diventi esperienza di viaggio.
È un modo di riscoprire la lentezza, la manualità, la sapienza delle stagioni.
Varianti simili esistono in tutto il Sud Italia e perfino in Grecia: il legame tra fave e verdure selvatiche è una costante delle cucine mediterranee.
In Puglia, però, l’equilibrio tra amara cicoria e dolce purea assume un carattere quasi simbolico — come la luce e l’ombra del paesaggio che l’ha generata.
Assaporare fave e cicorie significa tornare alle radici. È un piatto che chiede tempo, pazienza e attenzione, e in cambio restituisce verità.
È la Puglia che non si mostra, ma che si fa sentire: profuma di olio buono, di pane appena scaldato, di rispetto per la terra.
Un gusto che non si dimentica, come la luce di un tramonto tra gli ulivi.
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