Teatro Politeama Greco: dove Lecce racconta il suo spirito scenico
Nato a fine Ottocento come simbolo di modernità e cultura, il Politeama Greco è ancora oggi il cuore pulsante della
A 866 metri sul livello del mare, dove la Puglia si arrampica verso l’Appennino e cambia pelle, si trova Faeto, uno dei borghi più sorprendenti e meno conosciuti d’Italia.
In questa porzione alta della Montagna della Daunia, il paesaggio si fa alpino, i boschi chiudono l’orizzonte, l’aria è sottile e profumata di legno e nebbia. Ma la vera sorpresa non è solo geografica: è linguistica.
A Faeto si parla ancora una lingua franco-provenzale, un’eredità viva che risale al XIV secolo e che rende questo paese un unicum culturale nel panorama meridionale.
Nel cuore del borgo, tra vicoli in pietra e balconi fioriti, si sente parlare un dialetto che non è né pugliese né campano, ma qualcosa che rimanda alla Francia medievale.
È il faetar, una variante del franco-provenzale introdotta da coloni militari e contadini giunti qui nel Trecento, forse al seguito di Carlo I d'Angiò.
Questo idioma, oggi parlato da poche centinaia di persone, è stato riconosciuto come minoranza linguistica storica e tutelato da iniziative locali e progetti scolastici. Entrare in una bottega a Faeto è come varcare una soglia temporale: ci si sente ospiti in una comunità che parla un’altra Europa, fatta di suoni antichi e orgoglio radicato.
Faeto è anche natura potente, fatta di faggi, querce e castagni secolari. I boschi che lo circondano fanno parte del Parco Naturale dei Monti Dauni e sono ideali per escursioni, passeggiate, funghi e silenzi.
In inverno la neve lo trasforma in uno dei pochi paesi pugliesi dove si pratica lo sci. Ma Faeto è celebre soprattutto per una delizia culinaria: il prosciutto crudo di Faeto, presidio identitario del borgo.
Stagionato in alta quota, aromatico e intenso, è considerato tra i più pregiati dell’Italia meridionale. Ogni gennaio si celebra la Sagra del Prosciutto, un evento che attira visitatori da tutta la regione.
Tra gli elementi più curiosi del paese c’è il campanile della Chiesa Madre di San Prospero, costruito su una base inclinata. Vista la pendenza del terreno, la torre sembra scendere più che salire, creando un effetto visivo inconsueto che i locali chiamano “il campanile in discesa”.
Un piccolo simbolo dell’anima decentrata e resistente di Faeto.
Faeto è la prova che la Puglia è una terra polifonica, che non si lascia rinchiudere nei confini dell’immaginario da cartolina.
Qui, la lingua racconta la geografia, la cucina racconta l’altitudine, e la pietra conserva tracce di un mondo che è sopravvissuto al tempo perché ha scelto il silenzio come forma di resistenza.
Un luogo che Piero Angela avrebbe raccontato con rispetto e curiosità, lasciando spazio alle voci locali, al suono dei passi sul selciato, al tempo lento di chi ha scelto di restare.
Faeto non è un luogo da vedere: è un luogo da ascoltare.
Ricevi ogni settimana ispirazioni di viaggio, eventi da non perdere e storie autentiche dalla Puglia. Scopri la regione con occhi nuovi, direttamente nella tua inbox.