Dalla Puglia a Monaco: la finale di Champions League nel cuore di Federico Dimarco
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C’è un volto della Puglia che affiora silenzioso tra gli ulivi, fatto di pietre arcaiche, geometrie essenziali e misteri irrisolti. È il volto megalitico del Salento, una terra dove l’uomo ha lasciato le sue tracce non con monumenti vistosi, ma con segni profondi scolpiti nella roccia e nel tempo: dolmen, menhir e specchie.
Questi enigmatici monumenti, sparsi come costellazioni terrestri nella campagna salentina, raccontano una storia antichissima. Appartengono alla preistoria europea, quando l’uomo – ancora legato alla terra, al ritmo delle stagioni e al cielo – erigeva strutture in pietra che ancora oggi resistono, avvolte dal fascino dell’ignoto.
L’UNESCO ha definito queste strutture come testimonianze straordinarie di un’epoca in cui l’uomo costruiva in perfetta armonia con la natura.
Nel Salento, e in particolare nella provincia di Lecce, la concentrazione di dolmen e menhir è tra le più alte d’Europa. I numeri parlano chiaro: oltre 88 monumenti catalogati, di cui 21 dolmen e 67 menhir. Tra i comuni che ne custodiscono la memoria ci sono:
Ogni pietra è un frammento di civiltà perduta, un indizio lasciato da comunità antiche di cui conosciamo molto poco, ma che sapevano orientare i loro monumenti con precisione astronomica e costruire senza malta, solo con tecnica e intuito.
Passeggiare tra i menhir di San Paolo a Giurdignano o tra le specchie di Taviano, Presicce e Taurisano non è solo turismo: è un’esperienza immersiva. Si cammina in un paesaggio dove ogni pietra racconta un rito, una credenza, un legame con la terra. È il volto più profondo della Puglia archeologica, lontano dalle spiagge affollate, ma vicinissimo al cuore di chi cerca autenticità.
In un’epoca in cui tutto è digitale, veloce e sovraccarico, i dolmen e i menhir del Salento ci ricordano che l’essenziale non ha bisogno di parole, ma solo di pietra e tempo. E camminando tra loro, tra la luce calda del tramonto e il profumo della macchia mediterranea, si riscopre il significato più puro del viaggiare in Italia: incontrare la storia nel silenzio di una campagna che ancora sa parlare.
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